Dire addio a Sanremo per salvarne il ricordo

Scritto da il 12. Febbraio 2019

Qui e ora

di MIRIAM CANDURRO

Quando qualcosa finisce, quando si sente chiaramente che non è più come un tempo, e che non potrà esserlo mai più, bisognerebbe avere il coraggio di guardarsi negli occhi e dire basta. Dovrebbe essere la regola, nei rapporti d’amore come in quelli di amicizia e di lavoro.

Le cose evolvono, cambiano — panta rei — e per quanto doloroso bisognerebbe accettare questo ineluttabile destino. Perché il rischio vero è quello di distruggere pian piano, reiterando il rapporto, i ricordi belli, quelli che ti fanno ancora sorridere e battere il cuore, e che le emozioni vengano inghiottite nel buco nero dell’amara realtà, fatta sempre più di paragoni tra ciò che è stato un tempo e quel che ormai è diventato. Insomma, ammettiamolo una volta per tutte: Sanremo non è più Sanremo, parafrasando un noto slogan. Quando ero piccola, invece, Sanremo era un appuntamento da calendario, senza nulla da invidiare a Natale o Pasqua. Febbraio era il suo mese.
o lo attendevo con trepidante emozione e con la certezza che, una volta finito, mi avrebbe lasciato qualcosa di nuovo che mi avrebbe traghettato fino all’estate. Mi avrebbe regalato “la” canzone, vincitrice o meno poco mi importava, che avrebbe fatto da colonna sonora dei miei mesi a venire. A scuola con le amiche se ne parlava per settimane, si compravano i giornali con i testi, il festival diventava l’argomento principe di ogni conversazione, a qualsiasi età. Era un momento di aggregazione familiare, sociale, culturale, nazionale.

Ora riesce a fatica a rappresentare l’Italia, è un vecchietto stanco e affannato, incespica e soffre. E noi, italiani nostalgici che ogni anno proviamo a dargli un’altra chance, soffriamo con lui. Con il desiderio di sussurrargli all’orecchio una volta per tutte: vattene amore, che siamo ancora in tempo. Per salvare i ricordi, quello sì.

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