Andrea, il coraggio oltre i social
Scritto da Miriam Candurro il 22. Novembre 2018
Qui e ora
di MIRIAM CANDURRO
Ogni giorno ognuno di noi lascia una traccia di sé visibile agli altri. A volte è un qualcosa di autentico, di sentito, scritto di getto e pubblicato. Il più delle volte, invece, questa piccola traccia è modificata, levigata, filtrata e corretta, in modo che gli altri ci vedano non per come siamo, ma per come vorremmo essere.
I nostri social traboccano di foto, di frasi, di piccoli frammenti di una esistenza che spesso non ci appartiene, una vita che non viviamo realmente.
Eppure quello che noi mostriamo al mondo oggi, un giorno sarà il nostro testamento digitale, quello che si racconterà di noi quando non ci saremo più.
Chissà se ci pensiamo mai, se ci chiediamo in che percentuale ci rappresentano davvero quei selfie e quelle frasi che pubblichiamo per avere il consenso degli altri.
Se valga davvero la pena fingere di essere altro da se stessi per essere accettati.
Se lo sarà chiesto sicuramente anche Andrea, un giovanissimo padre, quando ha saputo che a causa di una malattia terminale di lì a poco sua figlia di appena un anno avrebbe potuto ricordarlo soltanto attraverso i social e i racconti degli altri.
E probabilmente si è chiesto se e come quell’uomo che avrebbero raccontato gli altri, o i social, sarebbe corrisposto davvero all’uomo che lui sentiva di essere.
Così, pur sapendo di non avere molto tempo, ha fatto una scelta che va controcorrente, coraggiosa, umana.
Ha scelto la sincerità, nuda e cruda, di un racconto, di un diario, che lui stesso sta ultimando in questi giorni, prima che sia troppo tardi.
Prima che migliaia di foto e frasi prendano il suo posto nella mente di sua figlia, falsandone per sempre il ricordo.
Prima che l’apparenza prenda il sopravvento sulla sostanza, e che i like diventino l’unico e solo valore di riferimento per una esistenza felice.